Il tema delle medicine alternative necessita di un’attenta valutazione, poiché coinvolge un numero sempre crescente di cittadini. La pratica delle medicine alternative è lecita? Queste terapie dovrebbero rientrare nel sistema sanitario nazionale? Questi ingombranti interrogativi sono stati ridotti ai loro componenti di base che, come si mostra nel testo, sono: la valutazione/confronto dell’efficacia di diverse terapie, e il significato del valore “salute”. Per alcuni la statistica medica è adatta alla valutazione dell’efficacia delle cure alternative, poiché mette fra parentesi tutti quei fattori che potrebbero impedire un loro obbiettivo confronto con la medicina scientifica. Un’analisi epistemologica della statistica medica mostra come questa non sia affatto neutra rispetto alle varie posizioni in gioco ma che richieda invece moltissime decisioni “arbitrarie” da parte degli esperti che la utilizzano. Allo stesso tempo non è possibile valutare l’efficacia di una cura se non avendo come parametro un certo significato di “salute”. Ma la salute è uno stato fisico(/psichico) oggettivo, o è un valore? Se si tratta di un valore, come sostengono diversi autori, si cade in un circolo vizioso: ogni valore dovrebbe essere “pesato” dal singolo individuo e calibrato sui suoi progetti e sulla sua scala di priorità, ma la salute è anche una precondizione per poter essere realmente liberi. Se dovessimo optare per una cura “alternativa” perché più rispondente ai nostri valori, potremmo mettere a rischio quelle condizioni di base che il pensiero liberale contemporaneo sostiene debbano essere garantite dallo Stato. Non mancano proposte scientifiche, mediche e politiche per poter tenere adeguatamente conto del “pluralismo” della salute (Post-normal Science, Evidence-based Medicine, multiculturalismo), e nel testo sono state discusse sottolineando le loro caratteristiche e i loro limiti.